I Fondamenti Della Bibbia
Studio 2: Lo spirito di Dio
Definizione | L’inspirazione | I regali dello Spirito Santo | La revoca dei doni | Domande

2.3 I regali dello Spirito Santo

In determinate circostanze storiche Dio ha delegato l'uso del suo potere (lo Spirito Santo) agli uomini, sempre comunque entro certi limiti e per uno scopo ben preciso. Una volta raggiunto lo scopo, il dono dello Spirito Santo veniva revocato, perché non bisogna dimenticare che lo spirito divino agisce secondo i disegni che Dio ha in mente. Talvolta egli infligge ad un uomo un breve periodo di sofferenza che si inserisce però nel grande piano divino a lungo termine (vedi Studio 6.1). Non sempre quindi lo Spirito Santo viene usato per alleviare le sofferenze umane in questa vita. E quando succede è sempre comunque per uno scopo superiore che Dio si è prefisso per noi.

Quanto esposto è in aperto contrasto con l'atteggiamento cristiano di oggi giorno verso lo Spirito Santo, in cui si tende a credere in Cristo nella speranza che egli possa alleviare i dolori o guarire da malattie e quant'altro si suppone che lo Spirito Santo possa fare. Questo spiegherebbe come mai in paesi che stanno vivendo periodi di grossa sofferenza, come l'Uganda, ci sia stato una forte incremento di persone che sostengono di possedere i doni dello Spirito per guarire e che queste rivendicazioni coincidano sempre con periodi storici di grande indigenza. Ciò getta un ombra di sospetto su pretese di possedere lo spirito che in realtà sono occasioni per rimpinguare le proprie tasche.

Molti "cristiani" sostengono oggi di possedere i doni miracolosi dello Spirito, ma quando si chiede loro quale sia lo scopo di questo dono, rispondono molto nebulosamente. Dio ha concesso il dono dello spirito solo per raggiungere determinati obiettivi. Chi ricevette questi doni sapeva perfettamente lo scopo che doveva raggiungere e non ebbe difficoltà a portarlo a termine con successo. Ciò è in contrasto con i risultati parziali e non sempre positivi di chi, oggigiorno, afferma di avere il dono di guarire.

Gli esempi che seguono indicano alcune ragioni e obiettivi per cui, in determinate circostanze, Dio ha concesso i doni dello spirito. In nessuno dei casi ci fu alcun elemento individuale associato al dono dello spirito e mai il possessore del dono ebbe la possibilità di usare il dono a suo piacimento. Non è nemmeno concepibile che gli uomini abbiano potuto controllarne l'uso, perché esso fu donato esclusivamente in vista del raggiungimento di determinati obiettivi chiari solo alla mente di Dio e non agli uomini che ne hanno avuto un uso temporaneo (cfr. Is. 40:13).

- All'inizio della storia di Israele, fu detto loro di costruire una tenda ("il tabernacolo") dove avrebbero dovuto collocare l'altare e altri elementi sacri; furono date istruzioni dettagliate su come costruire questi oggetti necessari per adorare Dio. Per realizzarli, Dio diede ad alcuni uomini "lo spirito di saggezza, ed essi faranno gli abiti di Aronne" etc. (Es. 28:3).

- Uno di questi uomini, Bezaleel, fu "riempito dello spirito di Dio, perché abbia saggezza, intelligenza e scienza in ogni genere di lavoro, per concepire progetti …. in oro, per intagliare le pietre e compiere ogni sorta di lavoro." (Es. 31: 3-5).

Il libro dei Num. 11:14-17 riporta che una parte del potere/spirito delegato a Mosè, fu prelevato da lui e distribuito ai più anziani della tribù, per permettere loro di giudicare correttamente le ingiustizie del popolo e per sollevare dalle molte pressioni Mosè. Quando Mosè morì, il dono dello Spirito fu trasferito a Giosuè affinché egli potesse guidare correttamente il popolo di Dio (Deut. 34:9).

- Dal momento in cui il popolo di Israele giunse nella sua terra a quando subentrò il primo re (Saul) esso fu governato da uomini chiamati giudici. In questo arco di tempo gli ebrei furono spesso oppressi dai loro nemici, ma il libro dei Giudici riferisce che lo spirito di Dio piombò su alcuni di loro, Otniel (Giud. 3:10), Gedeone (Giud. 6:34) e Iefte (Giud.11:29) salvando miracolosamente Israele dai suoi invasori.

- Ad un altro giudice, Sansone, fu dato lo spirito per uccidere un leone (Jud. 14:5,6); trenta uomini (Giud. 14:19) e per rompere le corde con cui era stato legato (Giud. 15: 14). Quindi normalmente Sansone non possedeva lo spirito santo ma in determinate circostanze gli fu concesso per realizzare alcuni obiettivi.

Da ciò risulta evidente che ricevere il dono dell'uso dello spirito divino per uno scopo particolare non fu

- una garanzia di salvezza

- qualcosa di definitivo

- una forza mistica

- uno stato raggiunto tramite un'esperienza individuale estatica.

C'è molta confusione quando si parla dei doni dello Spirito Santo. Alcune persone sostengono di aver ricevuto lo Spirito Santo e alcuni predicatori attirano i credenti dicendo di aver ricevuto i doni dello spirito senza sapere neanche quali siano questi doni. E' inconcepibile che queste persone non sappiano esattamente quali doni possiedano. Quando Sansone fu investito dal dono dello spirito per uccidere un leone (Giud. 14:5,6) si vide davanti la bestia ruggente e capì subito perché gli era stato concesso quel dono. Ciò è in netto contrasto con chi sostiene di aver ricevuto lo spirito santo ma non sa fare niente in particolare e non sa neanche di che dono si tratta.

PERCHE' I DONI FURONO CONCESSI NEL PRIMO SECOLO

L'ultimo ordine di Gesù fu rivolto agli Apostoli, affinché andassero per il mondo a predicare il Vangelo (Mc. 16:15,16). Loro partirono, diffondendo il messaggio della morte e della risurrezione di Cristo. A quel tempo, da quel che ne sappiamo, il Nuovo Testamento non era stato ancora scritto. Immaginatevi quanto possano essere sembrati bizzarri questi uomini che andavano in giro per mercati e sinagoghe a chiedere di battezzarsi e di seguire l'esempio di Gesù di Nazareth, un uomo che veniva da Israele, figlio di un falegname, che visse in modo perfetto, morì e risorse, compiendo la profezia del Vecchio Testamento.

Ai nostri giorni ci sono persone che vanno in giro a cercare seguaci del loro culto. A quel tempo il messaggio di quegli uomini che predicavano il Vangelo dovette in qualche modo essere provato, affinché si capisse che esso proveniva da Dio stesso, e non da un gruppo di pescatori israeliti.

Adesso noi, per provare che il messaggio che diffondiamo proviene da Dio, ricorriamo al Nuovo Testamento, dove vengono narrate le opere e la dottrina di Gesù, ma a quei tempi, prima che fosse scritto il Vangelo e fosse disponibile per tutti, Dio concesse ai predicatori l'uso del suo Spirito Santo, in modo che essi potessero dimostrare la verità di ciò che stavano dicendo. Ecco perché Dio concesse loro il dono, perché non essendoci ancora un testo di riferimento sarebbe stato difficile conquistare la fiducia dei nuovi credenti. I primi predicatori della fede in Cristo dovettero affrontare numerosi problemi di non facile soluzione visto i pochi mezzi di cui disponevano. I doni dello Spirito Santo servirono dunque fondamentalmente nel periodo precedente alla trascrizione del Nuovo Testamento, per guidare i primi credenti verso l'autentico messaggio ispirato di Dio e per diffondere l'insegnamento di Cristo.

Come sempre andiamo a cercare nel testo sacro i rimandi a ciò che abbiamo esposto:

- "Ascendendo in cielo (Gesù) ha distribuito doni agli uomini…per rendere idonei i fratelli a compiere il ministero, al fine di edificare il corpo di Cristo", cioè i credenti (Ef. 4:8,12).

- Così Paolo scrisse ai credenti a Roma, "Ho infatti un vivo desiderio di vedervi per comunicarvi qualche dono spirituale perché ne siate fortificati" (Rom. 1:11).

Riguardo all'uso dei doni in sostegno alla predicazione del Vangelo, leggiamo:

- "Il nostro vangelo, infatti, non si è diffuso fra voi soltanto per mezzo della parola, ma anche con potenza e con Spirito Santo e con profonda convinzione" attraverso i miracoli (Tess. 1, 1:5; cfr. Cor. 1, 1: 5,6).

- Paolo continua sullo stesso tono: "ciò che Cristo ha operato per mezzo mio per condurre i pagani all'obbedienza, con parole e opere (miracolose), con la potenza di segni e di prodigi, con la potenza dello Spirito" (Rom. 15:18,19).

- Riguardo al sostegno ricevuto dai predicatori del Vangelo, troviamo scritto: "mentre Dio testimoniava nello stesso tempo con segni e prodigi e miracoli d'ogni genere … i doni dello Spirito Santo" (Ebr. 2:4).

- Una campagna per la predicazione del Vangelo a Cipro fu sostenuta da miracoli al punto che "quando vide l’accaduto, il proconsole credette, colpito dalla dottrina del Signore" (Atti 13:12).

Quindi i miracoli lo aiutarono a rispettare profondamente la dottrina insegnata. Anche a Iconio "il Signore…rendeva testimonianza alla predicazione della sua grazia e concedeva che per mano loro si operassero segni e prodigi" (Atti 14:3).

Infine leggiamo le parole di Marco sull'obbedienza degli Apostoli, una volta ricevuto l'ordine di predicare: "Essi partirono e predicarono dappertutto, mentre il Signore operava insieme a loro e confermava la parola con i prodigi che l’accompagnavano" (Mc. 16:20).

DETERMINATE COSE IN DETERMINATI MOMENTI

I doni dello spirito furono concessi quindi per compiere determinate azioni in determinati momenti. Questo dimostra quanto sbaglino quelli che sostengono che l'uso miracoloso del dono sia un fatto permanente. Gli Apostoli, compreso Pietro, furono "pieni di Spirito Santo" durante la festa di Pentecoste, subito dopo l'ascensione di Gesù (Atti 2:4). Furono in grado di parlare lingue straniere e cominciarono la predicazione del Vangelo cristiano in modo spettacolare. Quando le autorità tentarono di bloccarli "Pietro, pieno di Spirito Santo" fu in grado di rispondergli in modo convincente (Atti 4:8). Quando uscirono di prigione gli furono concessi i doni per continuare a predicare - "tutti furono pieni di Spirito Santo e annunziavano la parola di Dio con franchezza" (Atti 4:31).

Il lettore attento noterà che non viene detto che essi "poiché erano già pieni di spirito", compirono queste cose. Furono colmati di spirito per portare a termine certe cose e dovettero essere colmati nuovamente per portare a termine l'obiettivo successivo del disegno divino. Anche Paolo fu "pieno dello Spirito Santo" al momento del Battesimo, ma anni dopo egli dovette nuovamente essere "infuso di Spirito Santo" per punire un uomo vizioso con la cecità (Atti 9:17: 13:9).

Paolo scrisse che i primi credenti possedevano i doni miracolosi "secondo la misura del dono di Cristo" (Ef. 4:7). Il termine greco che traduce "misura" significa "una limitata porzione o grado". Solo Gesù ebbe facoltà di usare i doni senza misura, cioè in piena libertà come egli meglio credeva (Gv. 3:34).

Cercheremo ora di definire i doni concessi più frequentemente nel primo secolo.

I DONI DEL PRIMO SECOLO

PROFEZIA

Il termine greco che significa 'profeta', indica qualcuno che pre-dice la parola del Signore, quindi qualsiasi persona ispirata che riveli la parola di Dio, o che preveda gli eventi futuri (vedi Piet. 2, 1:19-21). I "profeti", coloro a cui fu dato il dono della profezia, venivano "da Gerusalemme ad Antiochia. E uno di loro, di nome Agabo, alzatosi in piedi, annunziò per impulso dello spirito Santo che sarebbe scoppiata una grave carestia su tutta la terra. Ciò che di fatto avvenne sotto l’impero di Claudio. Allora i discepoli si accordarono, ciascuno secondo quello che possedeva, di mandare un soccorso ai fratelli" (Atti 11:27-29). E' difficile trovare questo tipo di profezia estremamente dettagliata, realizzatasi effettivamente pochi anni dopo, tra chi oggigiorno sostiene di possedere il dono della profezia. Inoltre la chiesa aveva così fiducia in questi profeti che i discepoli non esitarono un solo istante a dare il loro tempo e soldi per alleviare la sofferenza che la carestia avrebbe portato. Difficilmente troverete esempi di questo genere di profezie tra le congregazioni che oggi si autodichiarano "piene di spirito".

GUARIGIONE

Quando gli apostoli iniziarono a predicare la buona novella (il vangelo) del futuro regno di Dio che avrebbe portato la perfezione nel mondo, Dio permise loro di compiere dei miracoli per avvalorare il messaggio cristiano e per dare un’idea di cosa sarebbe stato quel tempo futuro in cui "si apriranno gli occhi dei ciechi e si schiuderanno gli orecchi dei sordi. Allora lo zoppo salterà come un cervo" (Is. 35:5,6). Quando si stabilirà il regno di Dio in terra (di cui tratteremo nello studio 5) questo genere di promesse non si realizzeranno a metà, né esisterà incertezza su dove sarà il regno di Dio. I miracoli di quel tempo, finalizzati ad affermare il messaggio del regno di Dio, furono definitivi, risolutivi e tali da non poter essere contraddetti; per questo molte guarigioni realizzate dai primi credenti furono compiute davanti a molte persone.

Un esempio classico fu quando Pietro guarì il medicante zoppo che ogni giorno stava fuori dalla porta del tempio. Negli Atti (3:2) leggiamo che esso era una presenza quotidiana e nota a tutti. Pietro lo guarì attraverso lo Spirito Santo ed egli "balzato in piedi camminava ed entrò con loro nel tempio camminando, saltando e lodando Dio. Tutto il popolo lo vide camminare e lodare Dio e riconoscevano che era quello che sedeva a chiedere l’elemosina alla porta Bella del tempio ed erano meravigliati per quello che gli era accaduto. Mentre egli teneva Pietro….tutto il popolo, fuor di sé per lo stupore, accorse verso di loro al portico " (Atti 3:7-11).

Pietro iniziò subito un discorso sulla resurrezione di Cristo. Davanti all’irrefutabile e indubitabile prova dello storpio guarito, gli astanti ascoltarono le parole di Paolo come fossero state quelle di Dio. Per rafforzare la sua parola, Dio scelse come teatro di un miracolo così manifesto proprio la porta del tempio, "all’ora della preghiera"(Atti 3:1), affollata di gente come un centro commerciale il sabato mattina. Sempre negli Atti (5:12) leggiamo che "molti miracoli e prodigi avvenivano fra il popolo per opera degli apostoli". Tutto ciò è in netto contrasto con guaritori "pentecostali" e simili che sostengono di aver compiuto miracoli in qualche chiesa sperduta, davanti ad un ristretto gruppo di credenti eccitati dall’aspettativa di un miracolo, invece del pubblico diffidente che si trovarono di fronte i primi predicatori.

Chi scrive ha avuto modo più volte di discutere queste tematiche con persone che sostengono di essere possedute dallo spirito e di essere stato testimone di alcune presunte possessioni dello spirito. Non c'è bisogno che mi soffermi molto nel dimostrare quanto queste guarigioni fossero inconcludenti e nel migliore dei casi, parziali, perché qualunque onesto membro di queste congregazioni ammetterà la dubbiosità di queste possessioni. In diverse occasioni ho avuto modo di dire ad alcuni miei amici pentecostali in buona fede: "Non sono riluttante a credere che tu possa avere questi poteri, ma Dio ha sempre fatto capire chiaramente chi ha questi poteri o no, dunque non è assurdo chiederti di dimostrarmi questo fatto adesso, in modo che io possa essere disposto ad accettare la tua posizione dottrinale, che al momento non riesco a conciliare con la Scrittura". Ovviamente nessuno mi ha mai dato una "dimostrazione dello spirito e del potere".

Contrariamente al mio comportamento, gli ebrei ortodossi del primo secolo non dimostrarono alcuna disponibilità nel credere che i Cristiani possedessero i doni miracolosi dello spirito divino. Essi ammisero che: "Quest’uomo compie molti miracoli" (Gv. 11:47) e ancora "Un miracolo evidente è avvenuto per opera loro..esso è diventato talmente evidente a tutti gli abitanti di Gerusalemme, che non possiamo negarlo" (Atti 4:16). Anche quando sentirono parlare gli apostoli in varie lingue, "la folla rimase sbigottita" (Atti 2:6). Così non succede oggi nei confronti delle chiacchiere dei pentecostali, anzi, anche le persone più disposte nei loro confronti hanno dubbi sul fatto che essi compiano effettivamente dei miracoli. Se a quel tempo anche solo un miracolo si diffuse in tutta Gerusalemme, allora se si venisse a sapere di un autentico miracolo a Trafalgar Square o al Nyaharuru Park di Nairobi compiuto, in tutto il mondo si riconoscerebbe l'esistenza anche ai giorni nostri dei doni miracolosi dello Spirito Santo.

Le guarigioni pentecostali sono più frutto di una psicosi collettiva che l’opera dello spirito divino. Invece Pietro fu in grado di usare l’autentico dono dei miracolo per guarire persone che stavano per strada (Atti 5:15). Una volta l’uso del miracolo da parte di Paolo ebbe come testimone un insospettabile ministro del governo (Atti 13:12,13), e anche molti pagani che vivevano a Lystra (Atti 14:8-13). Come richiesto dallo scopo ultimo e dalla natura dei doni dello spirito, questi fatti avvennero pubblicamente e non poterono in nessun altro modo essere spiegati se non ammettendo che era il potere che si mostrava palesemente ai suoi servi. L’effetto di uno dei miracoli di guarigione di Cristo fu il medesimo: "Tutti si meravigliarono (chi lo vide), e lodavano Dio dicendo: "non abbiamo mai visto nulla di simile" (Mc. 2:12).

LE LINGUE

Gli apostoli, da rozzi pescatori quali erano, ricevettero l'importante incarico di andare per il mondo a predicare il vangelo (Mc. 16:15,16). Probabilmente, la loro prima reazione fu: "Ma io non conosco le lingue", non poterono neanche dire "a scuola non andavo bene in lingue straniere" perché non avevano ricevuto alcuna istruzione. Su di loro fu scritto che "erano senza istruzione e popolani" (Atti 4:13) quando arrivarono a Cristo, e anche per i predicatori più istruiti come Paolo, la barriera delle lingue era ancora insormontabile. Quando avvennero le conversioni, si trovarono ad affrontare il grande problema di comunicare fra di loro per edificare il popolo in assenza di un testo scritto.

Per superare questo problema fu concesso loro il dono di parlare in lingue straniere ("altre lingue") e di comprendersi tra loro. E’ ovvio che ciò è in netto contrasto con la capacità di molti "rinati" cristiani che affermano di essere in grado di parlare lingue sconosciute dai suoni incomprensibili. Per chiarire questa confusione basta leggere la Bibbia quando si riferisce alle "altre lingue" intendendo "lingue straniere".

Durante la festa ebraica di Pentecoste, subito dopo l’ascensione di Cristo al cielo, gli apostoli "furono tutti pieni di Spirito Santo e cominciarono a parlare in altre lingue...La folla si radunò (ancora una volta, una dimostrazione pubblica dei doni!) e rimase sbigottita perché ciascuno li sentiva parlare la propria lingua. Erano stupefatti e fuori di sé per lo stupore e dicevano: <costoro che parlano, non sono forse tutti Galilei? E com’è che li sentiamo parlare la nostra lingua nativa? Siamo Parti, Medi… e li udiamo parlare nelle nostre lingue...Tutti erano stupiti" (Atti 2:4-12). E’ molto improbabile che la doppia enfasi sullo stupore della gente e sulla loro meraviglia sarebbe stata necessaria se avessero udito parlare un gergo incomprensibile come quello usato da chi oggi afferma di avere il dono. Ciò avrebbe portato a sarcasmo o indifferenza e non a stupore e alla piena comprensione delle parole che vennero loro dette, come riporta il capitolo 2 degli Atti.

A parte la chiara analogia tra "altre lingue "e "lingue straniere" negli Atti 2:4-11, il termine "lingue", citato anche in altri passi del Nuovo Testamento, indica chiaramente "lingue straniere", come viene evidenziato nella frase "popoli, nazioni e lingue" , utilizzata cinque volte nell’Apocalisse, per indicare tutti i popoli del pianeta terra (Apoc. 7:9; 10:11; 11:9; 13:7; 17:15). Il termine greco tradotto con "lingue" viene riportato nella versione greca del Vecchio Testamento (la versione dei settanta) nel senso di lingue straniere (vedi Gen. 10:5; Deut. 28:49; D’AN. 1:4).

Il capitolo 14 dei Corinzi 1 è una guida all’uso del dono delle lingue, e il v. 21 cita Is. 28:11: "Sta scritto nella Legge: Parlerò a questo popolo in altre lingue e con labbra di stranieri…." Il verso di Isaia (28:11) si riferisce innanzitutto agli invasori di Israele che parlarono agli ebrei in lingue sconosciute. L’uso contiguo del termine labbra e lingue indica che lingue sta per lingue straniere. Vi sono molti altri riferimenti nel cap.14 dei Corinzi 1 che avvalorano inequivocabilmente l’interpretazione di "lingue" nel senso di lingue straniere. Tenteremo ora di commentare brevemente questo capitolo, ampiamente occupato dall’analisi ispirata di Paolo sul dono della lingua e della profezia, e sugli abusi dei doni che ebbero luogo nei primi anni del Cristianesimo. Il verso 37 è un verso fondamentale:

"Chi ritiene di essere profeta o dotato di doni dello Spirito, deve riconoscere che quanto scrivo è comando del Signore."

Se si sostiene di aver ricevuto il dono dello spirito, bisogna anche accettare il fatto che il dono è ispirato e dunque governato da Dio. Non ammettere questo dogma vuol dire rifiutare le parole ispirate di Dio: (versi 11-17)

"ma se io non conosco il valore del suono, sono come uno straniero per colui che mi parla, e chi mi parla sarà uno straniero per me.

Quindi anche voi, poiché desiderate i doni dello Spirito, cercate di averne in abbondanza, per l'edificazione della comunità.

Perciò chi parla con il dono delle lingue, preghi di poterle interpretare.

Quando infatti prego con il dono delle lingue, il mio spirito prega, ma la mia intelligenza rimane senza frutto.

Che fare dunque? Pregherò con lo spirito, ma pregherò anche con l'intelligenza; canterò con lo spirito, ma canterò anche con l'intelligenza.

Altrimenti se tu benedici soltanto con lo spirito, colui che assiste come non iniziato come potrebbe dire l'Amen al tuo ringraziamento, dal momento che non capisce quello che dici?

Tu puoi fare un bel ringraziamento, ma l'altro non viene edificato."

Parlare in una lingua incomprensibile ai presenti durante la messa sarebbe perfettamente inutile. Se si utilizza un gergo incomprensibile come potrebbe un vero credente dire "Amen" al termine di una preghiera composta da parole senza senso e inintelligibili? Non dimentichiamo che "amen" significa ''così sia', cioè: "Io sono totalmente d’accordo con ciò che dice questa preghiera". Se si parlasse un linguaggio incomprensibile i fratelli non si potrebbero edificare, come leggiamo in Paolo.

Verso 19:

"ma in chiesa preferisco dire cinque parole con la mia intelligenza per istruire anche gli altri, piuttosto che diecimila parole con il dono delle lingue."

E’abbastanza comprensibile. Una semplice frase su Cristo nella nostra lingua serve sicuramente di più di tante ore di preghiera in una lingua straniera o incomprensibile.

Verso 22:

"Quindi le lingue non sono un segno per i credenti ma per i non credenti, mentre la profezia non è per i non credenti ma per i credenti"

Il dono delle lingue doveva essere prevalentemente usato per la predicazione del Vangelo davanti a grandi platee, invece quando oggi si sente parlare di uso del dono delle lingue, il pubblico è composto solitamente da ristretti gruppi di credenti o addirittura non c’è nessun pubblico. Sempre più persone affermano di essere in grado di parlare miracolosamente lingue straniere per diffondere il vangelo. All’inizio degli anni ’90 nuove e grandi opportunità si spalancarono nell’Europa dell’Est ma le cosiddette chiese evangeliche dovettero distribuire le loro pubblicazioni in inglese, per via delle barriere linguistiche! Se avessero posseduto davvero il dono delle lingue, non avrebbero avuto questo problema.

Verso 23:

"se, per esempio, quando si raduna tutta la comunità, tutti parlassero con il dono delle lingue e sopraggiungessero dei non iniziati o non credenti, non direbbero forse che siete pazzi?"

E fu esattamente quello che successe quando arrivarono in Africa Occidentale i predicatori che sostenevano di possedere il dono delle lingue, e mussulmani e miscredenti irrisero il bizzarro comportamento. Anche un cristiano moderato che si infilasse in mezzo ad un meeting pentecostale, sarebbe tentato di pensare che sono tutti matti.

Verso 27:

"Quando si parla con il dono delle lingue, siano in due o al massimo in tre a parlare, e per ordine; uno poi faccia da interprete."

Durante una messa non servono più di due o tre persone che parlino in lingue diverse, anche perché è difficile che tra il pubblico si parlino più di due o tre lingue straniere. Inoltre, se ogni frase dovesse venir tradotta più di due volte si creerebbe inevitabilmente confusione. Immaginiamo una messa a Londra, seguita prevalentemente da un pubblico inglese, con qualche turista francese e tedesco. Il pastore dovrebbe iniziare così:

Pastore: Buona sera.

Primo oratore: Bon soir (francese)

Secondo oratore: Guten abend (tedesco)

Naturalmente dovrebbero parlare "a turno", uno dopo l’altro, perché se parlassero simultaneamente si originerebbe confusione. Infatti, vista la natura fondamentalmente irrazionale di chi ai giorni nostri sostiene di avere il dono delle lingue, succede proprio che più persone parlino contemporaneamente. Ho notato che quando una persona inizia a parlare, gli altri sono portati tendenzialmente a seguirla.

Il dono delle lingue fu spesso usato congiuntamente a quello della profezia, (Atti 19:6) affinché il messaggio ispirato da Dio potesse essere profetato ed espresso in varie lingue. Nel caso della messa a Londra, seguita da un pubblico inglese e da numerosi turisti francesi, l’oratore si potrebbe mettere a parlare in francese, ma il pubblico inglese non potrebbe "edificarsi". Servirebbe in questo caso il dono di interpretare le lingue per tradurre dal francese all’inglese, in modo tale che tutti possano capire. E se uno dei turisti francesi ponesse una domanda, l’oratore avrebbe bisogno di aiuto, anche se avesse il dono di parlare francese senza conoscerlo personalmente. Il dono dell’interpretazione quindi servirebbe per risolvere questo genere di problemi.

Senza la presenza di uno con il dono dell’interpretazione, il dono della lingua non potrebbe venire utilizzato: "…uno poi faccia da interprete. Se non vi è chi interpreta, ciascuno di essi taccia nell'assemblea " (Cor 1. 14:27,28). Chi oggigiorno sostiene di possedere il dono delle lingue e si esprime in lingue incomprensibili a chiunque, senza un interprete, disobbedisce palesemente a questo ordine.

Versi 32,33:

"Ma le ispirazioni dei profeti devono essere sottomesse ai profeti, perché Dio non è un Dio di disordine, ma di pace. ."

Il possesso dei doni dello Spirito Santo dunque non è un’esperienza incosciente. Chi uso il dono dello spirito è in grado di controllarlo e di agire in piena facoltà. Spesso si pensa erroneamente che i demoni o gli spiriti malvagi possiedano "le anime perdute" (vedi studio 6.3) e che invece lo spirito santo scenda sui credenti. Ma lo spirito a cui si riferisce il libro dei Corinzi 1 (14:32) era soggetto al controllo del possessore per scopi specifici e non intendeva essere una forza del bene in contrasto con le forze del male proprie della natura umana. Inoltre abbiamo visto prima che i poteri dello spirito santo scesero sugli apostoli in un determinato periodo per compiere determinate cose e non ebbero carattere permanente.

Verso 34

"le donne nelle assemblee tacciano perché non è loro permesso parlare; stiano invece sottomesse, come dice anche la legge."

In questo contesto, è esplicitamente dichiarato che una donna non deve usare i doni dello spirito durante la messa. Oggi questo precetto non viene assolutamente rispettato, confermando ancora una volta che l’attuale fenomeno di parlare lingue incomprensibili ha carattere prevalentemente emotivo, passando concitatamente da una persona all’altra. Donne, bambini, chiunque in buona fede può essere colpito da questa capacità di produrre espressioni incomprensibili, che vengono fatte passare come dono delle lingue.

La grande prevalenza di donne tra coloro che asseriscono di avere il dono delle lingue e della profezia è in netto contrasto con l’esplicito precetto di questo passo. Il ridicolo e inconcludente argomento secondo cui Paolo era misogino viene contraddetto alcune righe più in giù: "Chi ritiene di essere profeta o dotato di doni dello Spirito, deve riconoscere che quanto scrivo è comando del Signore" (Cor 1. 14:37) e non di Paolo in persona.


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